“Le vostre fiammeggianti bandiere, il vostro glorioso e storico palio sono simbolo di perenne giovinezza.” Papa Giovanni XXIII – 1959”

 

Con questo spirito, con questa aspettativa, si può davvero capire il Palio di Siena. Non lo si deve pensare come “spettacolo” ma come espressione dell’anima di un popolo, incapace di invecchiare.

 

Lo spettacolo sa di simulazione, di inganno. Nel palio, invece, è tutto vero. Vera è la tensione, vera la rivalità, vero l’amore, vera l’emozione. Il palio si guarda e si sente e si corre in apnea, per un tempo intollerabile, eppure effimero. Un soffio.

 

Secondo Machiavelli,  l’uomo, sebbene consapevole che la Fortuna sia ostacolo perenne al suo Libero Arbitrio, non cesserà di lottare. E lo farà sapendo di poterne uscire sconfitto, ma con onore:

 

Il luogo dove Fortuna e Virtù si fronteggiano ancora è la Piazza del Campo.

 

L’esperienza del palio si affronta sapendo che resterà una memoria profonda, perché vederlo è anche un po’ viverlo. È lasciare che scavi un piccolo solco, una traccia che, forse, non svanirà più. Un solco che Tripoli Torrini, fantino vittorioso negli anni ’30 col nome di Tripolino, così traduce nel suo ricordo: “del palio mi è rimasto un taglio nell’anima. A forma di sorriso”

 

 

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